La guerra non ha un volto di donna

di Franco Lorenzoni

8 marzo 2022

Leggere o rileggere il libro di Svetlana Aleksievic, scrittrice bielorussa premio Nobel per la letteratura nel 2015, che ha trascritto interviste memorabili a donne sovietiche che combatterono il nazismo, può essere utile per noi insegnanti alle prese con il grande problema educativo di come discutere della guerra con bambine e bambini, ragazze e ragazzi.

Non possiamo proteggere bambine e bambini dalle immagini di guerra che stanno invadendo le nostre case, dalle preoccupazioni che avvertono negli sguardi e in frammenti di discorsi di noi adulti. Forse solo i più piccoli possiamo cercare di proteggere dalla visione dell’oscenità della guerra, che è il peggior tradimento dell’infanzia di cui è capace l’uomo.

Nella classe 5° della scuola primaria di Giove Roberta Passoni e Raffaele Pagliari hanno dedicato una mattina intera a ragionare, discutere, osservare mappe e poi scrivere brevi testi, che poi rileggeranno insieme per ragionarci ancora su tornando a dialogare, a confrontarsi, a cercare di capire.

Penso che la prima cosa da fare è darci tempo, tanto tempo perché emergano le emozioni più profonde. Perché con attenzione e cautela si riescano nella scuola a creare le condizioni perché tutte e tutti arrivino a esprimere liberamente ogni pensiero, inquietudine o paura quando e come desiderano, senza timore di giudizio. E poi si possa ragionare di tutto, su tutto, non facendo l’errore di mettersi subito a colorare in tutta fretta arcobaleni e bandiere della pace.

LE PAROLE DELLE BAMBINE E DEI BAMBINI

Il rischio, infatti, è sempre quello della retorica e della superficialità, del ripetere cose scontate per confortarci, invece di ascoltare davvero cosa hanno da dirci bambine e bambini di fronte alle immagini di una guerra percepita come prossima e pericolosa per la prima volta anche per noi, come avverte la bambina che ha scritto: “Anche la seconda guerra mondiale è iniziata così”; aggiungendo subito dopo: “La guerra arriverà anche qui?  Questa è la domanda che fa paura.”

Con saggezza un’altra bambina ha sottolineato che “anche se avesse una motivazione la guerra non sarebbe giusta comunque, non sarebbe giustificabile”, intendendo con queste sue parole dire o forse urlare quanto la guerra sia sentita dai più sensibili come un male assoluto, ingiustificabile in ogni caso.

“La guerra è come suicidarci”, ha scritto un’altra sua compagna. Leggiamo bene: non ha scritto suicidarsi, ma suicidarci, avvertendo in questo modo quanto la cosa la coinvolga e ci coinvolga direttamente. Mentre un suo compagno annotava sconsolato: “Sembrano due bambini che giocano con i carri armati e con il fuoco”, denunciando che il re è nudo e pure pericoloso.

ADULTI CAPACI DI GUERRA

Se ci pensiamo bene noi adulti, presentandoci come capaci di guerra,  mostriamo ai nostri figli e nipoti in modo inesorabile che delle generazioni precedenti non ci si può fidare, nemmeno quando si è piccoli e fragili, e si dovrebbe essere protetti.

E lo scandalo più grande è che a provocare morte e stragi la colpa non è solo di un autocrate dissennato, ma delle istituzioni di uno stato e di un esercito tra i più potenti al mondo. Ed è questo che fa paura. Parlando di Putin, un bambino conclude il suo testo affermando “… io lo odio, e non ha per niente senso”.

Forse è cercando di rintracciare questo senso perduto che possiamo riflettere e ragionare insieme sul perché la guerra accompagni da millenni la storia del mondo e non siano bastati Aushwitz e Hiroshima a renderla un assoluto tabù.

Riflettere sul perché i costituenti abbiano ritenuto necessario scrivere a chiare lettere che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” e, insieme, perché questaaffermazione sia continuamente tradita nel mondo.

“Perché mettere in pericolo la vita dei bambini?”, domanda una allieva.

Lo scandalo più abnorme della guerra è – ricordiamolo! – quello di giustificare l’assassinio, l’annientamento del nemico, e l’arrivare a considerare nemici anche bambine e bambini inermi, che vengono colpiti quando vengono bombardate persino le scuole.

Può essere importante utilizzare il disegno, la pittura, il corpo che parla attraverso il movimento, l’improvvisazione musicale.

Per discutere con profondità e lievità intorno al proliferare di armi di ogni genere consiglio vivamente La battaglia del burro del Dr. Seuss, edito da Giunti, che è la più acuta, sarcastica ed esilarante invettiva contro la corsa agli armamenti, tornata tragicamente di attualità.

IL CONTRARIO DELLA GUERRA

Credo poi sia particolarmente importante oggi creare luoghi per discutere tra noi insegnanti, scambiarci suggerimenti e materiali, cooperare, perché c’è qualcosa di nuovo da inventare insieme.

Mi torna alla mente e consiglio per ragionare bene “La guerra non ha un volto di donna” di Svetlana Aleksievic, scrittrice bielorussa premio Nobel per la letteratura nel 2015, che ha trascritto interviste memorabili a donne sovietiche che combatterono il nazismo

“… So solo una cosa. In guerra l’uomo si trasforma in un essere spaventoso e oscuro. Come capirlo?”

“Non so cosa dire… la lingua non mi obbedisce… non trovo le parole per descriverlo (…) dal buio affiora un ricordo. Mi fa mancare il respiro, Rabbrividisco e le parole mi muoiono in gola. Eppure da qualche parte devono pur esserci queste parole… Ci vorrebbe un poeta.”

 

La domanda che mi faccio e vi faccio è: cos’è il contrario della guerra?

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