Negli anni Duemila, con l’arrivo a Cenci di Roberta Passoni, che ora coordina le attività educative della casa-laboratorio, il tema dell’inclusione e di un’attenzione particolare ad ogni tipo di fragilità ha profondamente arricchito la nostra ricerca.
Dalla fine del 2024 abbiamo iniziato una nuova ricerca, intitolata “Chi educa chi?” Per comprendere la strada che ci ha portato a elaborare questa nuova sperimentazione torniamo al 2012.
E’ estate e siamo seduti intorno al tavolo che è sotto un grande albero. Siamo un gruppo di educatrici, educatori e insegnanti e teniamo dei fogli in mano e guidati da Sara, una giovane ragazze con sindrome di Down, stiamo costruendo un piccolo diario dove annotare le cose che viviamo durante lo stage di formazione.
Sara non ha mai imparato a scrivere ma, quando seduti in cerchio, le abbiamo chiesto in che cosa si sentiva così brava da poterla insegnare agli altri, lei con sicurezza ci ha risposto: “ a scrivere un diario”.
Aveva ragione Sara, era bravissima a trovare forme e disegni che simboleggiavano la scrittura. Un grande cerchio rappresentava il grande fuoco della sera, una linea la passeggiata nel bosco e così via.
Noi tutti abbiamo imparato il suo modo di scrivere e abbiamo composto i nostri diari utilizzando quei simboli e quei colori.
Tutto questo avvenne diversi anni fa, durante uno stage di formazione di cinque giorni sul tema dell’inclusione scolastica e sociale, che abbiamo organizzato a Cenci su richiesta della Provincia autonoma di Trento.
L’idea di fondo di questa proposta che abbiamo chiamato “Aperture” era quella di cercare di offrire a operatrici, operatori e insegnanti una occasione che permesse loro di mutare lo sguardo rispetto alla relazione con adulti e giovani con disabilità.
Nella scuola e in altre situazioni istituzionali spesso la relazione tra l’operatore o insegnante di sostegno e il ragazzo o ragazza con disabilità viene completamente giocato nel provare a sostenere l’allievo nel continuo sforzo di adattamento alle richieste dei contesti in cui si trova.
A noi, che da anni ricerchiamo sul tema, piace operare una sorta di ribaltamento, per cui vengono proposte ad operatori e ragazzi con disabilità le stesse attività, cercando di porre tutte e tutti sullo stesso piano, coinvolti nello sforzo di rispondere ed adattarci a richieste che a volte possono sembrare spiazzanti. E infatti durante lo stage accadeva spesso che i ruoli si confondessero e non fosse più così chiaro chi sosteneva e chi era sostenuto.
Operatori e insegnanti hanno così la possibilità di sperimentare il fatto che a volte, rispetto ad alcune proposte, l’essere accanto ad una ragazza o ragazzo con difficoltà può veramente esserci di aiuto. Proviamo infatti a dare a tutti l’opportunità di scoprire che l’aiuto ci può arrivare anche da chi non ce l’aspettiamo. Ognuno di noi ha accumulato nella vita molte idee precostituite e molti “pregiudizi” verso gli altri, sia positivi che negativi. Il problema è riuscire a continuare a stupirci nell’incontro con l’altro, sciogliendo alcune nostre rigidità.
Un altro aspetto sul quale lavoriamo riguarda la cura del contesto, in modo che costituisca un elemento che aiuti, sostenga e permetta ai ragazzi con disabilità di vivere esperienze in piena autonomia. La domanda che ci poniamo è: si può essere di aiuto all’altro senza intervenire direttamente, ma organizzando l’ambiente, il lavoro, gli spazi e i materiali, in modo che tutte e tutti possano avere la possibilità di fare da soli?
Ciò che cerchiamo di approfondire è il campo, l’azione in cui ciascuno di noi, disabile o no, riesca veramente bene. Imparare a vedere e aiutare a scoprire le attività in cui ciascuno può dare il meglio di sé ci sembra particolarmente importante, se si vuole approfondire una ricerca sulla qualità del contesto educativo, che è creato dagli spazi, dai tempi e dalle persone che vi operano.
Sappiamo bene che il lavoro di chi educa si fonda, innanzi tutto, sulla persona che opera, dunque sul proprio carattere e sui talenti che si è in grado di mettere in gioco nella relazione con le ragazze e i ragazzi.
Ogni anno c’è un tema che fa da sfondo integratore a tutte le attività. Spesso è stato il cielo ad offrirci delle metafore significative.
Negli anni abbiamo lavorato su:
· L’eclissi solare: Come è possibile che a volte qualcosa di molto più piccolo di noi riesca ad eclissarci e oscurarci? Perché a volte un particolare che può apparire insignificante diventa invece quello che ci impedisce di osservare e di capire? Le domande che animano i nostri seminari vengono poi tradotte in azioni concrete che permettono a tutte e tutti di riflettere mentre si fanno delle attività. Rispetto al lavoro introno all’eclissi è stata realizzata una simulazione che ha visto impegnati bambini, giovani e adulti nella realizzazione di un modello in scala.
· Le costellazioni: Ognuno di noi, all’arrivo, ha ricevuto il nome di una stella, che poi durante la notte ha potuto osservare e riconoscere. Abbiamo costruito costellazioni diverse da quelle che osserviamo nel cielo notturno, nate dall’incontro delle nostre stelle. Abbiamo quindi realizzato con fili e fiaccole il nostro cielo. Ma come possiamo fare in modo che mettendoci uno accanto all’altro, si riesca a costruire un disegno, che è molto di più della somma di tutte le stelle? Ciò accade solo se ci sentiamo parte della storia della costellazione appena nata. Del resto, anche nella vita reale, non ci sentiamo di appartenere ad un gruppo solo quando sentiamo di far parte della sua storia e delle sue narrazioni?
· Veramente bravo: Da qualche anno stiamo sperimentando una modalità di lavoro che consente a tutti i partecipanti di riflettere su ciò in cui si sentono veramente bravi. Abbiamo organizzato delle riunioni durante le quali ognuno provava, utilizzando diversi linguaggi, a raccontare agli altri la cosa in cui si sentiva veramente bravo. A questo punto abbiamo chiesto ai ragazzi con disabilità di condurre un piccolo laboratorio in cui proponevano la loro abilità agli altri. Questa volta erano i ragazzi con disabilità a condurre il laboratorio, a gestire spazi, tempi e modalità di lavoro.
· Ricercando ciò che essenziale: Un anno abbiamo lavorato provando a ricercare cosa per ciascuno di noi è essenziale. Lo abbiamo fatto manipolando tubi e oggetti bucati, provando a raccontare cosa vedevamo nel buco. Lo abbiamo sperimentato incontrando i modi di dipingere di Pollok e finendo con il tracciare una linea su di un telo bianco, imitando Klee. Lo abbiamo fatto seguendo il movimento e il ritmo dei tamburi e delle percussioni. Nessuna azione viene proposta in modi differenziati e ad operatori, insegnanti e ragazzi disabili vengono proposte le stesse attività.
L’aspetto che riteniamo interessante nella proposta è che lavoriamo tutti in territori nuovi, che nessuno di noi conosce o frequenta più di altri. Ciò mette in moto dinamiche particolari, sia nei ragazzi con disabilità sia negli operatori e negli insegnanti. Siamo tutti un po’ più incerti e forse tutti un po’ più fragili, ma proprio per questo più disponibili a guardarci con occhi diversi, a chiedere e ricevere aiuto da tutti. Operatrici, operatori e insegnanti che partecipano allo stage riportano nei contesti in cui operano parte dell’esperienza. Durante i cinque giorni si dedicano dei momenti alla riflessione sul percorso fatto cercando anche di immaginare a come calarlo in situazioni e in contesti diversi. Si crea una comunicazione tra persone che operano nello stesso ambito, che continua anche dopo lo stage e che diventa motivo di cooperazione e scambio di esperienze.
Un orto lunare che ha aperto a nuove sperimentazioni
Negli anni successivi alla pandemia abbiamo sentito forte il bisogno di fare in modo che la casa laboratorio si aprisse sempre di più al territorio e offrisse delle risposte fattive alla situazione di disagio in cui si trovano ragazze e ragazzi con difficoltà sociale, psichica e fisica. I mesi di lockdown avevano interrotto molte routine quotidiane, ponendo ragazzi e famiglie in situazioni di grave disagio.
Abbiamo quindi pensato di proporre un progetto per la realizzazione di un orto lunare che coinvolgesse un gruppo di ragazzi e ragazze con disabilità cognitiva nella progettazione e costruzione di un semplice strumento astronomico per l’osservazione del Sole e della Luna, legandolo alla realizzazione di un orto, riprendendo connessioni e assonanze proprie del mondo contadino.
Il gruppo di ragazzi e ragazze che frequentano centri diurni del nostro territorio è divenuto così nel tempo portatore di un sapere che condividono ogni giovedì mattina con le bambine e bambini che partecipano ai nostri campi scuola. Questo incontro è stato così importante e significativo che ci ha portato a immaginare un nuovo progetto, iniziato nel novembre 2024 grazie a un contributo della Fondazione Charlemagne.
Chi educa chi?
Nel progetto di sperimentazione e ricerca che abbiamo chiamato “Chi educa chi?” otto giovani con disabilità cognitive hanno iniziato un percorso di formazione per diventare operatrici e operatori nei campi scuola.
E’ un progetto ambizioso, ma siamo certi che offrirà una grande opportunità di crescita professionale ad ognuna e ognuno di noi, che saremo invitati a riflettere sul nostro lavoro guardandolo con una lente diversa.
I futuri operatori della casa laboratorio stanno cominciando a partecipare a stage di formazione in cui saranno guidati in un percorso di conoscenza di sé, aiutati a capire quali sono i punti forza di ciascuno, con la certezza che ognuno di loro avrà sicuramente qualcosa da proporre agli altri.
Affiancheranno le nostre operatrici e operatori effettuando tirocini formativi e, alla fine del percorso, assumeranno il ruolo di operatore e operatrice nella conduzione del campo.
Il primo stage di formazione è stato preceduto da molti incontri con esperti, con le famiglia e tra noi operatrici ed operatori.
Non nascondo che prima del primo incontro ci fosse anche un po’ di paura e preoccupazione, ma alla fine dei due giorni c’era grande soddisfazione. E’ solo il primo passo verso questa nuova piccola e grande impresa, ma ci ha fatto comprendere quanta competenza c’è nelle ragazze e nei ragazzi e quanta ricchezza sapranno portare alla nostra ricerca educativa.
L’ultima sera, intorno al grande fuoco, ognuno ha fatto un proprio racconto con il proprio stile.
L’ascolto delle storie intorno al fuoco notturno è una delle proposte più attese da bambine e bambini e ora abbiamo altri otto narratori che saranno pronti a raccontare e raccontarsi.
Questo articolo sarà incluso in un dossier sulle attività della casa laboratorio che verrà pubblicato nella rivista Tuttoscuola entro febbraio 2025